Altro che martire, Bianca Berlinguer è una zarina dal carattere impossibile
Non parlo quasi mai della Rai perché per tutta la vita è stata la mia azienda e appartengo a quella generazione addestrata al rispetto. Ma da sempre sparlare della Rai è lo sport preferito dagli italiani: accetto la “gggente” ma non gli addetti ai lavori che non hanno certo l’anello al naso e dunque o sono ingenui o sono in malafede. Quindi ritengo di non potermi esimere dall’intervenire su una questione che sta diventando insopportabile. Esaurite le polemiche per un canone che è solo una tassa erariale (mentre passa sotto silenzio che a Roma sta per andare in bolletta la Tare, cioè quella sui rifiuti), esaurita l’indignazione per i megastipendi diffusi da quel testa di tolla dell’ad (come se tutta l’Italia non fosse devastata dai manager), da tempo esauriti anche gli applausi per la Maggioni presidente come vittoria delle donne (naturalmente quelle che partecipano ai club esclusivi), è ora la volta di onorare Bianca Berlinguer come santa e martire. E non ci sto, per tanti motivi.
Non la discuto da giornalista. È sicuramente garbata ed elegante, ma da direttora è stata un disastro. Non faccio i nomi per carità di patria, dico solo che ha un carattere impossibile tanto da meritarsi l’appellativo di zarina. Tanti sono stati messi da parte e tanti sono scappati. Fa mille piagnistei e invece cade in piedi, con due trasmissioni e una striscia personale. Andare poi a lamentarsi da Mentana è stato imperdonabile, come se il direttore de La7 pur bravo non conoscesse bene quel manuale Cencelli che gli ha permesso, complice Craxi, un triplo salto mortale in tempi rapidissimi. Come se quel “manuale” non esistesse da sempre. Come se Vespa non fosse stato fatto fuori perché era cambiata l’aria, come se Morrione non fosse diventato mai direttore del Tg1 perché veltroniano, come se Prodi non avesse messo Gad Lerner o Berlusconi non avesse messo Minzolini. È un gioco, magari perverso, che conoscono tutti: specialmente i direttori che prima ne approfittano e poi gridano allo scandalo. Altra dignità, almeno, ha dimostrato Masi che dopo aver rilanciato il Tg2 ha accettato una rimozione “trasversale”. Chiariamo fino in fondo: finché l’editore della Rai sarà il Parlamento andrà sempre così. E ogni governo si sentirà in diritto di metterci mano.
Non mi sono mai battuto per chi diventa un’azienda come Santoro o per chi comunque cade sempre in piedi. Casomai avrei fatto girotondi per i precari, le vere vittime del sistema. Quel che stupisce è la caciara politica, ben conscia della situazione e pronta a fare altrettanta carne da porco. C’è quasi da ridere anzi che ora tutta la destra, con Sallusti che addirittura tenta di arruolarla, dopo anni di strepiti contro l’icona del comunismo, ora la elegga come rappresentante virtuale di quella che è la vera autentica battaglia: quella contro Renzi. Naturalmente appoggiata da quella sinistra all’opposizione, dimenticando i guai che alla Rai ha fatto D’Alema, molto prima di Berlusconi. Nei miei (tanti) anni al Tg1 ho cambiato quindici direttori, mica uno. So di che parlo.
Pino Scaccia
Inviato storico del Tg1 Rai. Ha seguito i più importanti avvenimenti degli ultimi trent’anni. Prima di dedicarsi a tempo pieno all’attività di scrittore, è stato capo redattore dei servizi speciali del Tg1. “Giornalismo, ritorno al futuro” (Giubilei Regnani) è il suo ultimo libro.