10000 scrittori firmano una petizione contro Trump. Tra i nomi spicca King
In collaborazione con il sito Literary Hub, lo scorso martedì una manciata di scrittori, più di 400, ha pubblicato e sottoscritto una petizione di protesta contro la candidatura di Donald Trump motivata dal fatto che l’aspirante Presidente attrarrebbe solamente gli «elementi più oscuri della società americana». Dopo poche ore, in seguito a un’efficace campagna social, le firme sono aumentate da 45o a 1000, ad oggi sono più di 10mila e tra i nomi spicca quello di Stephen King.
La candidatura di Donald Trump ha fin dall’inizio diviso l’America: molti i consensi e vivaci i dissensi. La sua campagna politica da rigido repubblicano non gli è di aiuto nell’ingraziamento dei moderati, ma non gli ha impedito, altresì, di conquistare il 76,2% di voti a Washington nelle primarie.
Come riporta anche New York Times, la preoccupazione degli autori firmatari risiederebbe nel fatto che l’America rischia di tornare indietro nel tempo verso un «passato nativista», ricordando che le dittature si istituiscono in contesti di «manipolazione, divisione, demagogia e menzogna», strategia che sembra essere conforme a quella di Trump: «L’ascesa di un candidato politico, che si rivolge deliberatamente agli elementi più vili e più violenti della società, che incoraggia l’aggressività tra i suoi seguaci, che grida contro gli avversari, che intimidisce i dissidenti e denigra le donne e le minoranze, richiede una risposta forte e imminente da parte nostra», dichiarano gli autori.
In questo contesto Trump e i firmatari della petizione giocano a inseguirsi, come un cane che si morde la coda, in un loop di diritti fondamentali, per cui il primo esercita il suo diritto di portare avanti una campagna elettorale bigotta, rigida e per molti versi controversa, mentre i secondi il proprio di protestare senza, tuttavia, giungere ad alcuna risoluzione, in quanto pretenderne la ritirata sarebbe quanto mai anti democratico. Ma non è questo l’obiettivo degli autori, che usano questo strumento più per sensibilizzare i cittadini e indirizzrli verso la scelta di un generico candidato altro che per intimare la resa di Trump.
Segue la lettera aperta pubblicata su Literary Hub:
Perché, in qualità di scrittori, siamo particolarmente consapevoli dei molti modi in cui il linguaggio può essere abusato in nome del potere.
Perché crediamo che ogni democrazia degna di questo nome si basi sul pluralismo, accolga il disaccordo e raggiunga il consenso attraverso il dibattito ragionato.
Perché la storia americana, nonostante i periodi di nativismo e bigottismo, per prima cosa è stata un grande esperimento che ha portato le persone di diversa estrazione sociale a coesistere, non a scontrarsi.
Perché la storia della dittatura è la storia della manipolazione e divisione, demagogia e menzogne.
Perché la ricerca della giustizia si basa sul rispetto della verità.
Perché crediamo che la conoscenza, l’esperienza, la flessibilità e la consapevolezza storica siano indispensabili per un leader.
Perché né ricchezza né celebrità qualificano chiunque a parlare per gli Stati Uniti, a guidare il suo esercito, a mantenere le alleanze o a rappresentare la sua gente.
Perché l’ascesa di un candidato politico, che si rivolge deliberatamente agli elementi più vili e più violenti della società, che incoraggia l’aggressività tra i suoi seguaci, che grida contro gli avversari, che intimidisce i dissidenti e denigra le donne e le minoranze, richiede una risposta forte e imminente da parte nostra.
Per tutte queste ragioni, noi, i sottoscritti, per una questione di coscienza, ci opponiamo inequivocabilmente alla candidatura di Donald J. Trump alla Presidenza degli Stati Uniti.
Per seguire gli aggiornamenti della petizione è attivo l’hashtag #WritersOnTrump.
Federica Colantoni
Federica Colantoni nasce a Milano nel 1989. Laureata in Sociologia all’Università Cattolica nel 2013, pochi mesi dopo inizia il percorso di formazione in ambito editoriale frequentando due corsi di editing. Da dicembre 2014 collabora con la rivista online Cultora della quale diventa caporedattrice. Parallelamente pubblica un articolo per il quotidiano online 2duerighe e due recensioni per la rivista bimestrale di cultura e costume La stanza di Virginia.